Insegne di altri tempi
di E.H. Guitard, 1936
Insegna della farmacia "A la licorne", 1750 circa, legno di tiglio
Musée germanique, di Norimberga.
Si pensa in genere che, in un'epoca in cui non si leggeva nessun nome inciso o dipinto al di sopra delle botteghe, l'insegna artistica doveva necessariamente indicare con il suo soggetto la natura del commercio o dell'industria esercitatavi in essa. Ve ne furono a volte alcune, ma non sempre.
Le città del Medioevo non ebbero un grande sviluppo ed i cittadini non lasciavano il loro quartieri a motivo delle difficoltà dei trasporti, l'indirizzo del fornitore era sufficientemente noto a tutti i suoi clienti. D'altra parte, non si interveniva a lungo su di una facciata dopo averla fatta costruire e scolpita: se dunque un elemento di questa facciata doveva servire da punto di riferimento, era, come oggi, il numero, in favore della casa intera e non precisamente a profitto delle sue botteghe.
Mosaico sulla facciata di una farmacia di Lvov (Ucraina)
Non dobbiamo meravigliarci di vedere, soprattutto in epoche antiche, alcune farmacie distinte con appellativi che non hanno nulla di farmaceutico. A Norimberga, ad esempio, troviamo le farmacie del Paradiso (con le statue di Adamo ed Eva), dell'Ospedale, della Stella, del Leone, dell'Aquila, dell'Angelo, della Palla, ecc. Ad Anversa, la bottega del celebre apotecario belga del XVI secolo Condenberg era sotto il segno della Campana: ad campanae symbolum.
La farmacia di Sedan in cui Barquelot ha fatto il suo tirocinio aveva come madrina, come molti altri vecchi magazzini di altro genere la Trota che fila, e questa caricatura “non specializzata” attirava molto il pubblico. A volte l'insegna, come il blasone, ricorda il nome del proprietario: è il caso di una farmacia di Brixen (Tirolo meridionale) in cui si vede ancora al di sopra del bancone, in ferro battuto un orso occupato a pestare, perché nel XV secolo il suo titolare apparteneva alla famiglia Bär o Baer.
Insegna della farmacia Cassel (Dieppe) nel suo stato attuale, VII secolo
Insegna “Zur Kirsch Apotek” (Germania, XVIII secolo)
Secondo Schelenz, le più antiche insegne il cui soggetto si collega un po' alla farmacia, avrebbero avuto un carattere religioso: vi furono delle farmacie dedicate a San Cosma, a San Damiano, a San Nicola, alla Vergine, a Maria Maddalena, all'arcangelo San Michele mentre abbatte il drago.
Il Centauro (XVII secolo). Insegna sparita della strada Saint-Denis, a Paris (da un disegno di Fournier, Histoire des enseignes de Paris, 1884)
Naturalmente, questi santi patroni sarebbero stati sostituiti in epoca rivoluzionaria da Ippocrate, Galeno. Igea o Esculapio. Questione di politica, e più ancora di moda, perché l'antichità trionfava già prima del 1789 sotto la forma di un Centauro alla bottega di un mercante droghiere residente all'angolo di rue Saint-Denis e della rue des Lombards. Questo Centauro sarebbe il discendente del graignard (o goguenard), così presente sul frontone delle farmacie di Lilla? Avrebbe qualche parentela con il More Reconquistada.
Durante il XVIII secolo, questo soggetto così diffuso in tutta Europa sulla bottega dei farmacisti, generalmente sotto forma di un “negro” facente delle smorfie nell'ingoiare una pillola o una pozione amara.
Nel 1781, Hahnemann, il fondatore dell'omeopatia, si sposava a Dessau con la figlia del proprietario della “farmacia del Moro”, la cui tradizionale testa di turco era posta sotto un enorme parapioggia rosso, con un copricapo alla turca che designò durante un'intera epoca quasi tutte le farmacie e drogherie d'Olanda, dove era stato verosimilmente portato dai Belgi che lo presero essi stessi dagli Spagnoli di Carlo V. Si sa che c'è una testa di Moro in molte chiese spagnole in ricordo di ciò.
Insegna del Mortaio d'argento, rue Saint-Denis, n° 33, a Parigi, XVIII secolo
Insegna della farmacia Cassel (Dieppe), XVII secolo.
Insegna del Mortaio d'Oro, Norimberga XVI secolo.
Insegna di una farmacia di Vailly, dipinta alla fine del XVIII secolo, distrutta nel 1860, da un disegno di Edmond Fleury.
Ecco ora una serie di animali preferiti dai farmacisti:
- la fenice simbolizzava le trasmutazioni chimiche; secondo Larwood e Hotten (The History of sign-boards, Londres, 1900), era stata adottata nel 1680 da Ambrois Godfrey, fondatore di una farmacia londinese.
- La salamandra era spesso scelta perché avente il potere di vivere tra le fiamme.
- Il drago rappresentava nell'alchimia il mercurio: ferito, divorava la sua coda dove risiedeva il suo veleno che distruggeva in tal modo.
- Il coccodrillo era egualmente adottato perché parente del drago e facile da impagliare.
- Il pellicano, che nutre i suoi piccoli con le sue visceri, aveva il merito di simbolizzare il Cristo.
- La spinge beneficava delle leggende antiche di cui è eroe.
- Infine, il cervo e il liocorno, che conosciamo bene, servirono spesso da insegna ai farmacisti così come agli orefici.
- Incontriamo anche sulla parte anteriore delle farmacie l'aquila bianca ed il leone verde degli alchimisti, il serpente (nulla di strano che Moïse Charras abbia adottato le Vipere d'oro.). Il regno vegetale ed il regno animale non hanno avuto altrettanto successo sulle facciate. Nel suo Decameron, tuttavia Boccaccio parla di una farmacia Al Melone.
In quanto agli utensili familiari all'officina, essi non potevano essere dimenticati. A Lisieux, l'insegna dei Tre Cornetti fu quella di un farmacista. A Norimberga esiste, dal 1580, la Kannenapotheke o farmacia al Pozzo. Ci si richiama anche all'alambicco, alla siringa, infine e soprattutto al pestello ed al mortaio. Si vede un uomo... o delle scimmie mentre stanno pestando nella famosa insegna del Mostardiere di Beauvais, quella del museo Dobrée a Nantes, quella di Potlevoy, che Camille Enlart ha riprodotto nel suo Manuel d’Archéologie accanto agli Innamorato che segnalano la Casa dell'Amore a Saint-Antonin.
Nella sua opera Le Pharmacien dans la littérature [Il Farmacista nella letteratura], Berlin, 1898, Maubach racconta di un antenato, Becker, essendo riuscito a risiedere a Postdam malgrado gli sforzi dei suoi rivali, fece rappresentare sulla sua farmacia un pestello che schiacciava dei serpenti in un grande mortaio, con questa didascalia vendicativa: “Una volta ridotta in polvere, l'Invidia può servire a purgare i cani dai loro vermi”.
Per realizzare queste insegne, i farmacisti utilizzarono la pietra o il legno, a volte sotto forme di modiglioni o di bordi di travi scolpite, a volte per mezzo di vere statue ospitate in nicchie. Un po' più tardi, essi fissarono perpendicolarmente sulle facciate eleganti motivi in ferro battuto. Pietra, legno o metallo erano spesso dipinte o dorate. Durante il XVII secolo, proveniente dall'Italia, la moda delle insegne dipinte penetrò in Francia. Da Chardin, possediamo due magnifici quadri da esterno, in cui alambicchi e cactus si fondono armoniosamente.
E. Guitard
da: "Les Annales Coopératives Pharmaceutiques", maggio 1936.
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Enseigne d'autrefois