Mesciroba in maiolica invetriata a sfondo bianco
Il motivo di ghirlanda circoscrive la sigla della firma
Bettini (Faenza 1487- 1510)
Faenza, secolo XVI
Mesciroba in maiolica invetriata a sfondo bianco
Il motivo di ghirlanda circoscrive la sigla della firma
Bettini (Faenza 1487- 1510)
Faenza, secolo XVI
Mortai in avorio
di Silva Mario Martins
La comparsa del mortaio si perde nell'antichità più remota. Visitando i musei di alcuni paesi, in Europa ed in Asia, incontriamo dei mortai in pietra, in agata, in bronzo, in ferro, in legno, in ceramica, in vetro ed in avorio.
È così che possiamo citare: dei mortai di ferro, utilizzati dal VI al XI secolo a. C. in Tailandia come ne possiede il Museo nazionale di Bangkok; un mortaio di pietra libanese (I-II secolo), come è il caso di un esemplare molto fratturato che possediamo; un mortaio romano scoperto nei dintorni di Zadar ed edito da Tartalja di Zagabria, nella sua tesi di dottorato sostenuta nel 1956 all'Università di Parigi. I mortai in bronzo sono molto conosciuti, persiani ed egiziani durante l'XI-XII secolo, Tailandesi sin dall'XI secolo e dal XII, quest'ultimi a forma di battelli sino al XIX secolo. Nell'Africa del nord, se ne costruiscono ancora di ottone, ad uso domestico; se ne vendono anche nelle fiere e se ne fa uso soprattutto in cucina. Si trovano a volte anche dei mortai in ferro, in genere di grandi dimensioni. In quanto ai mortai in ceramica, porcellana e vetro, degli esemplari esistono, soprattutto spagnoli ed italiani, quest'ultimi in maiolica.
Vi è tuttavia un tipo di mortaio molto raro di cui i Portoghesi sono stati nelle Indie, nella regione di Goa, i principali produttori. Si tratta dei mortai in avorio.
Con la fissazione dei Portoghesi a Goa, ed anche a Madras, si è creata un'industria della lavorazione dell'avorio. Al di là dell'enorme varietà dell'immaginario religioso indo-portoghese a Goa, in cui si notano le figure del Cristo, del Buon Pastore, di alcuni santi tra cui san Francesco, si sono eseguiti in questo prezioso materiale, molti oggetti ed utensili, tra i quali i mortai.
Ammettiamo che in Africa se ne siano prodotti qualcuno, benché molto raramente. Nella sua opera sugli oggetti in avorio, Tardy afferma che durante i secoli XVI e XVII, sotto l'influenza dei Portoghesi, gli artigiani africani ne hanno prodotti molto pochi. Vi si sostiene anche che non ve ne sono più di cento pezzi in tutti i musei del mondo, ma quest'ultimi si riducono a delle saliere, delle trombette, dei cucchiai, delle forchette (quest'ultime sono simili alle forchette portoghesi in argento dell'epoca).
Certo che altri popoli abbiano prodotto questo tipo di mortai, come gli inglesi, gli Olandesi, gli Italiani, i Francesi ed i Cingalesi, quest'ultimi degli artigiani in collaborazione con dei Portoghesi e degli Olandesi. Ne conosciamo degli esemplari che sono ai nostri tempi classificati come di origine italiana, inglese o olandese. Ammettiamo che degli Inglesi installati nelle Indie ed a Ceylon, in collaborazione con degli artigiani locali, abbiano prodotto dei mortai in questo paese dove, come sapiamo, l'accesso all'avorio era facile. In Portogallo, quest'ultimi trent'anni, ne abbiamo avuto conoscenza di dieci: uno nel commercio di Coimbra, uno in Francia, due che appartengono all'Associazione Farmaceutica, un altro proprietà del farmacista dottor Guerreiro Gomes e cinque che ci appartengono. Abbiamo anche conoscenza di uno inglese, riprodotto in un recente lavoro sull'avorio, pubblicato presso Thames & Hudson a Londra, di due francesi, proprietà l'uno del signor Robery Montagut (figura 1) e del dottor Jean Hossard (figura 2), e di uno olandese, riprodotto nel primo volume del trattato del Tardy.
La più grande quantità, una ventina circa, è quella che mi fu data di apprezzare a Milano, nella residenza personale di un importante antiquario che ha riunito tutti quelli che ha potuto trovare in tutta la sua carriera di commerciante di oggetti d'arte. L'interesse dei mortai in avorio è tale che questa famiglia milanese, ricca e colta, li sceglie per arredare la sua sala da pranzo. In questa favolosa collezione, la maggior parte degli esemplari sono dati come portoghesi; gli altri sono italiani, inglesi e francesi. Ma è difficile identificare l'origine dei mortai in avorio, in mancanza di elementi che permettano di stabilire una diagnostica differenziale. Vi sono degli esemplari fuori serie, eseguiti a richiesta o come regali, così uno francese, uno inglese, uno olandese ed alcuni italiani. Sono dei veri capolavori o delle fantasie.
Descrizione degli esemplari
II. Grazie alla cortesia di M. Robert Montagut, di Parigi, riproduciamo qui l'esemplare francese che gli appartiene (figura 1). Si tratta di un piccolo modello dalle pareti esterne consunte, avente soltanto alla base degli anelli in rilievo. Il pestello, anch'esso in avorio, presenta un rilievo nella parte centrale convessa. Questo pezzo possiede anche un coperchio a scanalature molto alto per poter essere preso in mano. È questo un mortaio molto raro per via della sua piccola taglia e del suo coperchio, caratteristica che non abbiamo mai visto, anche negli esemplari in legno ed in metallo.
Figura 1
II. Grazie al signor Montagut, ancora una volta, abbiamo avuto conoscenza di un altro esemplare, di proprietà del dottor Jean Hossard, di Rouen (figura 2). Altezza 0,100 cm; diametro 0,107 cm; lunghezza del pestello 0,165. Questo mortaio ha fatto parte dell'Esposizione Centrale delle Belle Arti applicate all'industria, al Palais des Champs-Élysées (10 agosto- 16 ottobre 1865), al cui catalogo è descritto con il n° 5904: “Mortaio con il suo pestello a due zone scolpite, la prima occupata da dragoni, la seconda da lunghi Loang e piante fiorite tra le quali si aggirano degli scoiattoli. Curiosa imitazione cinese dei mortai dell'India. Collezione del signor Dottore Piogey”.
Figura 2
III. Nell'opera edita Les Ivoires edita da Tardy nel 1977, a pagina 180, è riprodotto un mortaio molto interessante appartenente al Rijksmuseum voor Volkenkunde di Leida, originario del Ceylon. Malgrado la sua forma, dobbiamo ammettere che sia stato prodotto da artigiani cingalesi, all'epoca durante la quale Ceylon fu occupata dagli Olandesi. È un piccolo mortaio decorativo con un pestello. Tutto il corpo è lavorato come un merletto, separato nel mezzo da un solco semi circolare, impiantato in zona concava, vera cintura elegante. Il pestello, anch'esso lavorato, presenta diversi annelli leggermente sporgenti. Il dottor Guerreiro Gomes, distinto farmacista di Lisbona, possiede un esemplare di 0,7 m, del diametro di 0,087 e la lunghezza del pestello è di 0,192. Esso presenta due zone, la prima costituita dal corpo, la seconda dal piede, separati da un solco.
V. L'Istituto di Farmacia di Lisbona ne possiede due.
VI. Un collezionista milanese ha, come ho già detto, una preziosa collezione di più di venti mortai in avorio.
VII. Possediamo anche noi un insieme di cinque pezzi diversi di diversi diametri ed altezze, il cui stile e decorazione sono sensibilmente identici e che non portano né data né firma. Eccone le note.
Figura 3
a) Bel esemplare di 15,4 cm di altezza, con corpo e piede separati da un collo stretto, simile ad un calice (figura 3). Il corpo, di 11,2 cm di diametro esterno presenta sette scanalature limitate a monte e a valle da sottili scanalature. A livello del piede si osservano anche due semi scanalature, di dimensioni più grandi, separate da solchi sottili. La radiografia rivela tre fratture longitudinali nella parte più alta del corpo, la più lunga di esse raggiunge i 7,5 cm. Questo mortaio ha un fondo concavo, presenta dei segni d'uso e non ha pestello.
Provenienza: Antiquario Cabral Moncada, che lo aveva acquistato da un collezionista di Lisbona.
b) Esemplare molto elegante di 18 cm di altezza e di diametro superiore esterno, senza fratture apparenti, benché la radiografia mostri alcuni lievi solchi verticali di maggiori evidenza (figura 4). Presenta nel suo corpo due semi scanalature limitate da solchi, con solchi intermedi. Collo stretto e liscio. Piede con immagine concava, in solchi larghi 8 mm circa, limitato con delle incisioni e da rilievi orizzontali. Fondo concavo con segni d'usura. Assenza di pestello.
Questo mortaio ci è stato offerto dallo scultore António Duarte nel 1983.
Figura 4
c) piccolo esemplare scuro a forma di bicchiere, di 13 cm di altezza e diametro superiore esterno di 8,2 cm (Figura 5). Senza fratture. Pareti lisce e senza solchi. Nel corpo, due semi scanalature, una sulla parte del bordo libero, l'altra nel mezzo, ben evidenti in radiografia, limitate a monte ed a valle da sottili solchi. Collo poco marcato. Piede di un diametro eguale a quello del corpo e che possiede un solco profondo nella parte superiore. Fondo concavo con segni d'usura. Molto ben conservato.
Provenienza: antiquario Cabral Moncada, Lisbona.
Figura 5
d) Esemplare più piccolo del gruppo (figura 6), del peso di soli 280 grammi, Sobrio, a forma di bicchiere. Altezza 9,4 cm, diametro superiore esterno 7,4 cm; diametro del piede 5,5 cm. Molte fessurazioni longitudinali, di cui una su tutta l'altezza del corpo, visibile in radiografia. Il corpo presenta due solchi orizzontali limitati da sottili striature adiacenti a monte e a valle. Tracce d'uso sul fondo. Collo poco marcato. Piede piccolo, di diametro inferiore a quello del corpo, con un sottile solco. Ben conservato. Assenza di pestello.
Provenienza: antiquario Cabral Moncada.
Figura 6
e) Esemplare più grande del gruppo, del peso di 1, 830 kg. Munito di un pestello da 515 grammi. Questo mortaio ha una forma di calice poco elegante di 18,8 cm di altezza; diametro superiore esterno di 10,1 cm; diametro del piede 10,5; solco o collo di 7 cm di diametro (figura 7). La radiografia conferma nella parte alta tre fratture incomplete, verticali, la più lunga di 10 cm la più corta di 1,5 cm. Il disegno, molto semplice, si traduce soltanto con due piccole semi scanalature alte, poco visibili, ed all'esame radiologico limitate da sottili solchi. Nella parte inferiore del corpo, otto solchi. Piede del diametro identico a quello de corpo e solco largo apparentemente poco, limitato da sottili strie. Collo liscio e ben proporzionato. Segni d'usura all'interno. Il grande pestello, quasi liscio, sembra presentare alla radiografia una soluzione di continuità nel mezzo, con innesto interno e fissazione con piccole viti o tronconi metallici, praticamente impercettibili dall'esterno.
Provenienza: antiquario Cabral Moncada, che l'ha acquistato da un altro collezionista.
Figura 7
LINK al post originale:
Toscana XVI secolo
Grande alberello stile rinascimento
invetriato, dipinto a colori vivi con motivi decorativi a frutta
fascia con iscrizione: "mostarda".
Venezia, XVI secolo.
Vaso a rocchetto a bocca larga decorato con un fregio stilizzato di foglie.
Nella parte centrale iscrizione a carattere gotico.
Cafaggiolo
XVII secolo
Vaso da farmacia recante l'iscrizione "Adepa Muris Albae"
decorato a ghirlande e motivi geometrici in blu e giallo su sfondo bianco latte.
Fabbrica torinese
XVIII secolo.
Vaso ad alberello
Palermo, XVI secolo.
Vaso ad alberello raffigurante l'annunciazione
Urbino XVI secolo
Vaso da farmacia a tronchetto
Siena, secolo XVI
In alto reca uniscrizione. La parte centrale è decorata a grottesche.
Interessanti i toni di fondo in blu cobalto.
Urbino, prima metà del XVI secolo
Vaso ad alberello
Raffigurante la scena biblica di Giuditta ed Oloferne.