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8 giugno 2011 3 08 /06 /giugno /2011 08:00

 

 

 

 

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LA CARIE


Una delle possibili cause della carie era in tempi remoti imputata all'azione di vermi dentari che rodevano dall'interno il dente ed i cui morsi provocavano appunto il dolore. Si riteneva che una cura adeguata per la loro eliminazione fosse rappresentata dalle fumigazioni.

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7 giugno 2011 2 07 /06 /giugno /2011 15:07

 

 

 

 

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Studio parigino del dottor Georges Fattet, 1850.

 

Dipinto di Edouard Pingret, 1788-1875.

 

 

 

LINK:
Office of the Parisian dentist Georges Fattet

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6 giugno 2011 1 06 /06 /giugno /2011 11:20

 

Léon Gabriel Toraude

 

 

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  Copertina della prima edizione (1919) dell'opera.

 

 

Léon Gabriel Toraude (1868-1945) è un celebre farmacista scrittore. Nel 1921 fece pubblicare Bernard Courtois (1777-1838) e la découverte de l'iode (1811), un'opera scritta nel contesto di un atesi per l'ottenimento del diploma di dottore all'Università di farmacia, che all'epoca era un farmacista di prima classe. Toraude fu anche membro dell'Accademia di Farmacia e cofondatore nel 1928 della Società dei Farmacisti Bibliofili. Egli scrisse anche altre opere, soprattutto raccolte di racconti, ma l'opera più interessante, è senz'altro Les Galéniennes. Fantaisies rimées en marge du codex Paris [Le Galeniche. Fantasie rimate in margine del codex parigino], edito da Vigot frères, nel 1919, opera di grande formato ed illustrata con 70 tavole a colori, di cui furono stampate soltanto 200 copie. Il libro conobbe anche una ristampa nel 1936. Presentiamo in questo post un ricordo all'autore tracciato da due suoi amici anch'essi ìcelebri farmacisti studiosi.

 

 

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L'Odissea dei mortai: "Naso all'insu, gonna sollevata, aspetto birichino..."

Disegno di A. Bonamy.


 

 

Nella prefazione di Les Galéniennes, il Dr. Helme, analizzando l'opera del suo amico Toraude, lo presenta come un farmacista "storico, filosofo, poeta ed anche giurista...". Egli aggiunge anche: "Per abbellire la sua vita ed allietare gli svaghi dei suoi confratelli, scrive e canta".


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Gli esami dell'alambicco distillatore

Disegno di Léon Grimbert

 

 


Ahimè! non udremo più l'armoniosa voce del nostro compianto vice presidente, deceduto a Parigi il 24 settembre 1945. La sua penna viva ed attenta sino ai suoi ultimi giorni non distillerà più affascinanti opere come Voyage autour de mon berceau [Viaggio intorno alla mia culla], Conte d’un fleur de verre [Storia di un fiore di vetro], solidi studi storici come quelli che conoscete sui Cadet, Demachy, Parmentier, Z. Roussin, B. Courtois, delle pubblicazioni erudite ed austere come Législation des substances vénéneuses [Legislazione delle sostanze velenose], Notions pratiques de pharmacie [Nozioni pratiche di farmacia], che egli pubblicò con Dufau nel 1926, poi con il professore Janot, quest'insieme armonioso benché di diverse ispirazioni, ma sempre consacrato alla gloria della nostra bella professione.

 

 


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Dedica evocatoria

Per alleviare il mio cuore, ti porto a conoscenza...

Illustrazione di A. Bonamy

 


 

Una così bella attività gli è valso l'onore di una notizia apparsa sul Bollettino della Sociétè d'Histoire de la Pharmacie nel 1919, sotto la firma autorizzata del suo amico, il nostro segretario generale Guitard.

 

Non prenderò in prestito che alcune date ed alcuni fatti di questa interessante biografia: nascita del nostro rimpianto confratello a Saumur, il 7 ottobre 1868, studi in questa città, poi al liceo di Angers, stag a Saumur e a Dinan, ricezione a Parigi, installazione a Asnières. Questo pronipote del filosofo Bayle fu anche un membro molto attivo della Société des Gens de Lettres e della Société des Auteurs et Compositeurs de musique. Ricordo il suo ruolo agli Stabilimenti Billaut, poi ai Laboratori Toraude ed alla Pharmacie Centrale de France, il ruolo sempre più importante che egli assume nella direzione dell'opinione farmaceutica, grazie ai molteplici giornali che implorano una prosa di scelta: Revue Moderne de Pharmacie, Bulletin des Sciences Pharmacologiques, Pharmacie Française, Bulletin de la Cooper, ecc.

 

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Nei suoi ultimi giorni, lo abbiamo visto lottare contro la malattia, firmare dei documenti con mano debole e, nelle ore difficili che visse la nostra Francia, ci sembra indicato dare come testamento del mio amico scomparso, questi "  Consigli ai giovani" che egli poneva in Les Galéniennes:

  

            Marciate dunque! Soltanto lo Sforzo è il maestro sublime.

            Occorre un rude slancio per raggiungere la cima!

            Avanti! Superate uno dopo l'altro i gradini;

            Che il vostro ardore si esalti e, Signori, vincerete.

 

 

toraude1.jpgIl celeberrimo Codex fonte di ispirazione all'opera di Toraude.

 

Ed ecco, d'altra parte i Ricordi che il signor E. H. Guitard ha evocato con emozione nella stessa raccolta biografica:

 

Alcuni mesi prima dell'"altra guerra": il mondo è ancora abitabile. Non si sono mai visti bombardamenti aerei, attacchi sottomarini, campi di tortura, congegni in grado di sopprimere con un colpo 80.000 esseri umani; il franco vale 20 soldi, c'è pane per tutti... È in quest'atmosfera calma che un bel pomeriggio di febbraio del 1913 una brillante riunione si apriva alla Scuola superiore di farmacia, sotto la presidenza del suo eminente direttore, il Professor Guignard: vi si redassero gli statuti e si creò anche l'ufficio della Société d’Histoire de la Pharmacie. Al momento di far eleggere il tesoriere, Guignard pronunciò un nome che tutta la sala ripeté con entusiasmo: "Toraude!". Questa scelta non era premeditata: sorprese lo stesso Toraude, che balbettò: "Non ci capisco nulla di cifre: con me, la cassa non sarà mai giusta!". "Non abbaite timore", gli rispose uno dei vice presidenti, il signor Buchet, sarete un tesoriere senza cassa, perché la Farmacia Centrale di Francia si farà carico di tutti i costi ed i membri non pagheranno nessuna quota. Ma non possiamo fare a meno di voi nell'ufficio". Infatti, Toraude, che aveva dovuto infine lasciarsi nominare tesoriere, rese alla giovane società i più grandi servizi, facendosi il suo propagandista accanito per la sua collaborazione ai numerosi periodici che si onoravano della sua collaborazione.

 

 

toraude2.jpgVaso da Teriaca.

 

Tutto è stato detto e sulla sua vita benemerita e sulla sua opera stampata. Buttando sulla carta queste poche parole per obbedire alle istanze del nostro comune amico, Gabriel Beytout, non ho altre possibilità che di apportare un modesto omaggio in più alla memoria del caro estinto e di aggiungere alcune note personali al ritratto che è già stato tracciato. Ecco innanzitutto un fatto che caratterizza beneil suo disinteressamento e la sua probità spinta sino allo scrupolo che è, come ben sappiamo, un piccolo peso di 24 grani. Degli amici gli inviano un giorno il salario normale di un lavoro che egli aveva fatto per essi; non osando restituir loro l asomma, li invita a sontuosi banchetti nel corso dei quali consegna ad ognuno di essi un mortaio di maiolica dai graziosi arabeschi, di cui aveva ordinato la fabbricazione speciale ad un laboratorio rinomato.


 

toraude4.jpgLa pozione.


 

Alcuni anni or sono, ebbi la fortuna di avvicinare più frequentemente il nostro amico grazie alla società dei "Farmacisti bibliofili", di cui lo abbiamo nominato presidente. Le deliberazioni del comitato avevano luogo dapprima nel suo ufficio commerciale di rue de la Sorbonne, più tardi al pianterreno di rue de Vaugirard, dove lo stato della sua gamba lo immobilizzava senza alterare il suo umore. Il Professor Olivier, il bibliofilo Beytout, il collezionista Sergent, l'editore che ero io in quel momento, non erano sempre d'accordo sulla scelta del soggetto, dell'illustratore, del formato, dell'incisione, delle carte, tutti fattori da cui doveva dipendere la qualità della strenna che i nostri colleghi avrebbero ricevuto l'anno seguente: ognuno di noi difendeva appassionatamente la propria opinione. Il presidente Toraude aveva certamente la sua, me era ben lungi dall'imporla,come fanno molti altri presidenti, la teneva dapprima in serbo, poi la svelava a metà e nella misura in cui poteva farlo senza troppo urtare colui che aveva sostenuto il parere contrario. Infine, il dibattito diventava più aspro, dimenticava del tutto le sue preferenze e non aveva più che uno scopo: conciliare tutti i punti di vista, trovare un terreno d'intesa affinché nessuno uscisse da lui sconfitto e scontento.


 

toraude6.jpgAcqua di fonte, prega per noi.


 

 

 

La fisionomia della sua opera letteraria non poteva che essere conforme alle sue qualità di cuore. Non soltanto l'immoralità, ma anche la brutalità- troppo cara a numerosi dei nostri contemporanei- ne sono rigotosamente escluse. Sin nelle cronache pubblicate un tempo da L.-G. Toraude, con lo pseudonimo "Grippe-Soleil", in les Annales Coopératives Pharmaceutiques, ritroviamo il sentimentalismo un po' leggero e la preziosità amabile dei neo-romantici del 1900, epoca felice in cui il nostro poeta continuava a vivere in sogno.

 

 

toraude7.jpgOra, la cera era vergine finquando ciò era possibile.

 

 

 


Porto in quanto prova soltanto questo passaggio di un articolo del nostro amico apparso in Annales del novembre 1936 con il titolo "Grippe-Soleil ami des bêtes": Ciò che concerne gli uccelli mi ha sempre appassionato. Li amavo quando ero bambino; li adoro oggi. Come si possono far soffrire questi squisiti esserini? Ed è con ragione che si è approvato l'Aeropago di Atene di aver condannato a morte un ragazzo per aver cavato gli occhi ad un uccello... Per fortuna, posso, a titolo di consolazione, rendere omaggio ai nostri amici svizzeri a proposito dei quali, si poteva leggere in un grande quotidiano, la seguente nota: "L'inverno prematuro ha fermato, come una già accaduto una volta, davanti alla barriera delle Alpi, le rondini in migrazione dall'Europa centrale verso i paesi più caldi in cui esse svernano. È per questo che segnaliamo che nella regione di Gratz, ne sono state raccolte diverse centinaiache saranno, come l'anno scorso, trasportate in aereo in Italia". I grandi uccelli in soccorso ai piccoli, meno male! Ecco una notizia che consola!".

 

Tutto il nostro amico Toraude est qui! Amico degli esserini, amico delle culle! Per molto tempo ancora ci sembrerà di udirlo, celebrare i suoi umili amici.

 

 


 

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Tutte le illustrazioni del presente post sono tratte dall'opera di L. G. Toraude Les Galénniennes.

 

 

 

 

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LINK al post originale: 

L. G. Toraude

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10 aprile 2011 7 10 /04 /aprile /2011 08:00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Agli uomini di tutti i giorno mostra la vita di tutti i giorni:

essa è più profonda e vasta di tutti i mari"

 

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LA CHIROMANZIA, NUOVO PASSATEMPO DEI BRAVI PARIGINI.

 

 

 

-Adelaide... Ho un bel cercare... Non riesco a trovare la mia piccola linea che annuncia una lunga vita... mio Dio!... Devo dunque morire nel fior fiore della giovinezza.

 

 

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29 marzo 2011 2 29 /03 /marzo /2011 18:26

 

 

 

DAUMIER

 

 

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IL MALATO IMMAGINARIO


 

Questa classe di cittadini è la provvidenza della medicina, la benedizione della farmacia, è la ninfa Egeria che ha ispirato tutte le invenzioni destinate ad alleviare l'umanità non sofferente. Il malato immaginario si dà di volta in volta una polmonite, la tisi, ecc. ecc. Varia i suoi mali allo scopo di variare i suoi piaceri e sconvolge il giorno in cui grida tastandosi il polso: "Bisogna che abbia davvero una salute di ferro per poter resistere a tutte queste malattie".

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1 febbraio 2011 2 01 /02 /febbraio /2011 09:00

 

 

 

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Con impeto impressionante una poderosa figura solleva alla massima altezza un colossale pestello per farlo cadere nel grande mortaio sottostante.

 

L'affresco stava in mezzo agli stemmi dei Riario e degli Sforza sulla facciata del fondaco del Provveditore  di Spezierie di Girolamo Riario in Forlì.

 

Il pepe costituiva il tipo di "spezie" più largamente usato e raccomandato per il suo alto potere calorifero: il commercio del pepe rappresentava un importante cespite economico. È naturale quindi che l'operazione del pestare il pepe potesse diventare l'insegna di una spezieria.

 

Il fatto eccezionale sta nella elevatezza della qualità artistica che questa insegna riveste.

 

L'opera era in passato attribuita a Melozzo da Forlì; ma l'impeto che presenta è assolutamente estraneo alla statica visione di lui. L'energia della figura è tutta ferrarese. Più precisamente il Longhi ne ha indicato la stretta affinità con la parte degli affreschi di Schifanoia, dati al Cossa, tanto da attribuirla allo stesso artista, che è tra i più grandi del Quattrocento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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30 gennaio 2011 7 30 /01 /gennaio /2011 08:00

 

 

 

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L'affresco rappresenta la sala dell'ospedale in cui gli infermi vengono accolti e ricevono le prime cure, prima di essere assegnati alla grande ariosa corsia retrostante, che si apre al centro dietro alla bella cancellata in ferro battuto. Ai lati gli infermieri depongono gli ammalati, al centro in secondo piano stanno riuniti i notabili dell'Ospedale: in primo piano un assistente lava i piedi ad un ignudo seduto, che presenta una piaga alla coscia: a destra in fondo spicca un grosso frate, impressionante per evidenza ritrattistica, vicino al letto di un ammalato: su di una scansia al di sopra della testata del letto una serie di bottiglie e di scatole forma una natura morta mirabile: dalla stessa parte sul pavimento un cane ed un gatto contrastano animando la scena.

 

Il dipinto del 1440, è forse il capolavoro di Domenico di Bartolo, l'artista senese che meglio dimostra di intendere la rappresentazione dello spazio in senso rinascimentale, pur rimanendo legato ad un'evidenza del particolare quasi fiammingo. L'affresco fa parte di una serie che decora la vasta sala d'infermeria, nell'ospedale di santa Maria della Scala a Siena, detta il "Pellegrinaio" e che mira ad illustrare le istituzioni ospitaliere e filantropiche.

 

Nel Trecento e nel Quattrocento le città italiane provvedono agli ospedali con larghezza e spesso con splendore. Ne sono esempi l'ospedale di santa Maria Nuova a Firenze, quello di Ceppo a Pistoia, l'Ospedale maggiore di Milano, l'Ospedale di santo Spirito a Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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28 gennaio 2011 5 28 /01 /gennaio /2011 09:00

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Faenza secolo XVI

 

 

Bombola a collo corto e manico decorato a rilievo

dipinta a colori smorzati con decorazione a motivo geometrico

Al centro una ghirlanda stilizzata forma cornica all'iscrizione.

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21 gennaio 2011 5 21 /01 /gennaio /2011 08:00

Insegne di altri tempi

 

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di E.H. Guitard, 1936

 


 

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Insegna della farmacia "A la licorne", 1750 circa, legno di tiglio

Musée germanique, di Norimberga.

 

Si pensa in genere che, in un'epoca in cui non si leggeva nessun nome inciso o dipinto al di sopra delle botteghe, l'insegna artistica doveva necessariamente indicare con il suo soggetto la natura del commercio o dell'industria esercitatavi in essa. Ve ne furono a volte alcune, ma non sempre.

Le città del Medioevo non ebbero un grande sviluppo ed i cittadini non lasciavano il loro quartieri a motivo delle difficoltà dei trasporti, l'indirizzo del fornitore era sufficientemente noto a tutti i suoi clienti. D'altra parte, non si interveniva a lungo su di una facciata dopo averla fatta costruire e scolpita: se dunque un elemento di questa facciata doveva servire da punto di riferimento, era, come oggi, il numero, in favore della casa intera e non precisamente a profitto delle sue botteghe.

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Mosaico sulla facciata di una farmacia di Lvov (Ucraina)

 

Non dobbiamo meravigliarci di vedere, soprattutto in epoche antiche, alcune farmacie distinte con appellativi che non hanno nulla di farmaceutico. A Norimberga, ad esempio, troviamo le farmacie del Paradiso (con le statue di Adamo ed Eva), dell'Ospedale, della Stella, del Leone, dell'Aquila, dell'Angelo, della Palla, ecc. Ad Anversa, la bottega del celebre apotecario belga del XVI secolo Condenberg era sotto il segno della Campana: ad campanae symbolum.

La farmacia di Sedan in cui Barquelot ha fatto il suo tirocinio aveva come madrina, come molti altri vecchi magazzini di altro genere la Trota che fila, e questa caricatura “non specializzata” attirava molto il pubblico. A volte l'insegna, come il blasone, ricorda il nome del proprietario: è il caso di una farmacia di Brixen (Tirolo meridionale) in cui si vede ancora al di sopra del bancone, in ferro battuto un orso occupato a pestare, perché nel XV secolo il suo titolare apparteneva alla famiglia Bär o Baer.

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Insegna della farmacia Cassel (Dieppe) nel suo stato attuale, VII secolo

 

 

 

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Insegna “Zur Kirsch Apotek” (Germania, XVIII secolo)

 


Secondo Schelenz, le più antiche insegne il cui soggetto si collega un po' alla farmacia, avrebbero avuto un carattere religioso: vi furono delle farmacie dedicate a San Cosma, a San Damiano, a San Nicola, alla Vergine, a Maria Maddalena, all'arcangelo San Michele mentre abbatte il drago.

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Il Centauro (XVII secolo). Insegna sparita della strada Saint-Denis, a Paris (da un disegno di Fournier, Histoire des enseignes de Paris, 1884)


Naturalmente, questi santi patroni sarebbero stati sostituiti in epoca rivoluzionaria da Ippocrate, Galeno. Igea o Esculapio. Questione di politica, e più ancora di moda, perché l'antichità trionfava già prima del 1789 sotto la forma di un Centauro alla bottega di un mercante droghiere residente all'angolo di rue Saint-Denis e della rue des Lombards. Questo Centauro sarebbe il discendente del graignard (o goguenard), così presente sul frontone delle farmacie di Lilla? Avrebbe qualche parentela con il More Reconquistada.

Durante il XVIII secolo, questo soggetto così diffuso in tutta Europa sulla bottega dei farmacisti, generalmente sotto forma di un “negro” facente delle smorfie nell'ingoiare una pillola o una pozione amara.

Nel 1781, Hahnemann, il fondatore dell'omeopatia, si sposava a Dessau con la figlia del proprietario della “farmacia del Moro”, la cui tradizionale testa di turco era posta sotto un enorme parapioggia rosso, con un copricapo alla turca che designò durante un'intera epoca quasi tutte le farmacie e drogherie d'Olanda, dove era stato verosimilmente portato dai Belgi che lo presero essi stessi dagli Spagnoli di Carlo V. Si sa che c'è una testa di Moro in molte chiese spagnole in ricordo di ciò.


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Insegna del Mortaio d'argento, rue Saint-Denis, n° 33, a Parigi, XVIII secolo

 

 

 

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Insegna della farmacia Cassel (Dieppe), XVII secolo.

 

 

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Insegna del Mortaio d'Oro, Norimberga XVI secolo.

 

 

insegna--10.jpg  Insegna di una farmacia di Vailly, dipinta alla fine del XVIII secolo, distrutta nel 1860, da un disegno di Edmond Fleury.

 

 

Ecco ora una serie di animali preferiti dai farmacisti:

  • la fenice simbolizzava le trasmutazioni chimiche; secondo Larwood e Hotten (The History of sign-boards, Londres, 1900), era stata adottata nel 1680 da Ambrois Godfrey, fondatore di una farmacia londinese.
  • La salamandra era spesso scelta perché avente il potere di vivere tra le fiamme.
  • Il drago rappresentava nell'alchimia il mercurio: ferito, divorava la sua coda dove risiedeva il suo veleno che distruggeva in tal modo.
  • Il coccodrillo era egualmente adottato perché parente del drago e facile da impagliare.
  • Il pellicano, che nutre i suoi piccoli con le sue visceri, aveva il merito di simbolizzare il Cristo.
  • La spinge beneficava delle leggende antiche di cui è eroe.
  • Infine, il cervo e il liocorno, che conosciamo bene, servirono spesso da insegna ai farmacisti così come agli orefici.
  • Incontriamo anche sulla parte anteriore delle farmacie l'aquila bianca ed il leone verde degli alchimisti, il serpente (nulla di strano che Moïse Charras abbia adottato le Vipere d'oro.). Il regno vegetale ed il regno animale non hanno avuto altrettanto successo sulle facciate. Nel suo Decameron, tuttavia Boccaccio parla di una farmacia Al Melone.

In quanto agli utensili familiari all'officina, essi non potevano essere dimenticati. A Lisieux, l'insegna dei Tre Cornetti fu quella di un farmacista. A Norimberga esiste, dal 1580, la Kannenapotheke o farmacia al Pozzo. Ci si richiama anche all'alambicco, alla siringa, infine e soprattutto al pestello ed al mortaio. Si vede un uomo... o delle scimmie mentre stanno pestando nella famosa insegna del Mostardiere di Beauvais, quella del museo Dobrée a Nantes, quella di Potlevoy, che Camille Enlart ha riprodotto nel suo Manuel d’Archéologie accanto agli Innamorato che segnalano la Casa dell'Amore a Saint-Antonin.

Nella sua opera Le Pharmacien dans la littérature [Il Farmacista nella letteratura], Berlin, 1898, Maubach racconta di un antenato, Becker, essendo riuscito a risiedere a Postdam malgrado gli sforzi dei suoi rivali, fece rappresentare sulla sua farmacia un pestello che schiacciava dei serpenti in un grande mortaio, con questa didascalia vendicativa: “Una volta ridotta in polvere, l'Invidia può servire a purgare i cani dai loro vermi”.

Per realizzare queste insegne, i farmacisti utilizzarono la pietra o il legno, a volte sotto forme di modiglioni o di bordi di travi scolpite, a volte per mezzo di vere statue ospitate in nicchie. Un po' più tardi, essi fissarono perpendicolarmente sulle facciate eleganti motivi in ferro battuto. Pietra, legno o metallo erano spesso dipinte o dorate. Durante il XVII secolo, proveniente dall'Italia, la moda delle insegne dipinte penetrò in Francia. Da Chardin, possediamo due magnifici quadri da esterno, in cui alambicchi e cactus si fondono armoniosamente.

 

 

E. Guitard

 

da: "Les Annales Coopératives Pharmaceutiques", maggio 1936.

 

 

Link al post originale:
Enseigne d'autrefois

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15 gennaio 2011 6 15 /01 /gennaio /2011 08:00

 

Ceramica precolombiana del Perù e farmacia


 

 

 

di Valette Guillaume, Valette Simonne.

 

da: Revue d'histoire de la pharmacie, n° 233, 1977

 

 

La ceramica peruviana detta “classica” (dal 200 al 900 d. C.) merita di essere considerata tra le opere d'arte più notevoli e l'interesse che essa presenta per la medicina è stata più volte sottolineata. Infatti, sia per una specie di inclinazione sia per qualche motivo legato alla magia, i vasai peruviani hanno manifestato una certa predilezione per la rappresentazione delle difformità e delle mutilazioni di personaggi figuranti sui vasi.


È così che le lesioni dei leishmaniosi, dei rickettiosi (verruga), i labbri leporini, le mutilazioni delle labbra o del naso sono perfettamente identificabili su certi pezzi della produzione mochica.


Quando nel novembre del 1976, ci siamo recato in Perù e più precisamente a Lima e a Trujillo, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante ricercare sul posto, tra le immense collezioni di ceramiche precolombiane che vi si possono ammirare, se alcuni pezzi non presentassero una caratteristica farmaceutica, che siano destinate alla preparazione o alla somministrazione dei rimedi, o che i disegni rappresentati su questi vasi rappresentano dell epiante medicinali o diversi tipi di droghe.


La ceramica è una tecnica praticata da tempi molto remoti in Perù (1000 a. C. per gli esemplari più antichi attualmente noti), ma che trova il suo apogeo con le culture Mochica, al nord, e Nazca, al sud (dal 200 a. C. al 900 d. C.). I vasi Mochica, recano spesso un'ansa a maniglia, sono in genere di colore beige, bruno e rosso; la maggior parte sono antropomorfe o zoomorfe ed estremamente realistiche; le rappresentazioni affrontano con una variazione infinita i temi religiosi o profani, dalla vita quotidiana e dei mestieri. I vasi di Nazca, di una policromia molto raffinata, sono più difficili da interpretare, il disegno essendo a volte stilizzato sino all'astrazione.

 

Alcuni vasi di Nazca hanno la particolarità di possedere un doppio fondo, il che lascia supporre che essi erano destinati alla confezione di infusi o di decotti, con separazione ulteriore del liquido estrattivo e del residuo vegetale esaurito. Su uno di essi si vede il serpente, l'animale ctonio associato in tutte le culture antiche alla magia ed ai rimedi (figura 1):

 

 

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Figura 1.

 

Dei colatoi di terracotta provenienti da Canete, nel sud di Lima (1300-1400 d. C.), sono serviti probabilmente alla preparazione di tisane o di apozemi (figura 2).

 

 

 

 

 

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Figura 2.

 

Un altro vaso Nazca rappresenta secondo ogni verosimiglianza il dio della fecondità: regeg delle spighe di mais, cereale che era allo stesso tempo nutrimento, fonte di una bevanda fermentata, la Chicha, e base di un gran numero di rimedi (figura 3).

 

 

 

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Figura 3.

 

Conosciamo l'uso che gli Indiani hanno sempre fatto delle proprietà stimolanti della coca, soprattutto nelle Ande in cui l'altezza e la malnutrizione rendono il lavoro faticoso. Si vede ancora a Machu Picchu, a più di 3000 metri di altezza, dei terrazzamenti di epoca inca in cui gli arbusti produttori di questa droga erano probabilmente coltivati. Su un vaso mochica antico antico, possiamo vedere un personaggio che regge in mano la borsa della coca (chuspa), che gli Indiani portavano sempre con sé, allo scopo di poter disporre di questa droga in ogni momento (figura 4).

 

 

 

 

 

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Figura 4.


 

Il modello di questo oggetto non sembra aver variato sensibilmente nel corso dei secoli ed abbiamo potuto ammirare una collezione di queste borse provenienti da Chancay (1200-1400 d. C.) perfettamente conservate. Un vaso mochica particolarmente suggestivo evoca lo stato di prostrazione e di apatia in cui sprofondavano coloro che erano gravemente colpiti da questa tossicomania (figura 5).

 

 

 

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Figura 5.

 

Le piante utilizzate come medicamenti erano (senza dubbio le stesse) certamente vendute sui mercati popolari come quelli che si tengono ancora ogni domenica presso Cuzco, a Pisac.


Il medico, o piuttosto il guaritore, era un personaggio ambulante analogo a quei capi villaggio che possiamo incontrare nelle regioni andine. Due vasi mochica lo rappresentano nell'esercizio delle sue funzioni: verso uno, sembra auscultare un malato, su di un altro, confeziona una preparazione farmaceutica con l'aiuto del pestello e del mortaio (figura 6).

 

 

 

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Figura 6.

 

Le piante non erano i soli rimedi utilizzati; gli animali ed i minerali fornivano anche alcuni elementi alla farmacopea. È così che la lana bruciata del lama è impiegata per il trattamento delle ulcere; in quanto all'urina dello stesso animale, essa è somministrata non soltanto attraverso applicazioni cutanea, ma anche per via orale.


Lo studi attento degli oggetti ritrovati nelle tombe peruviane ci apporta così degli insegnamenti preziosi sulle procedure utilizzate nel corso di queste epoche antiche, sia per la preparazione dei medicamenti che per la loro amministrazione, l'interesse dei documenti di cui abbiamo dato alcuni esempi si trovano d'altronde rafforzati dal perfetto stato di conservazione in cui essi si trovano.


 

LINK al post originale:

Céramique précolombienne du Pérou e pharmacie

 

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  • : Storia dell'arte medica e farmacologica di tutte le culture e tempi in relazione alle conoscenze tecniche e scientifiche delle rispettive epoche.
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